martedì 22 luglio 2008

CAPITOLO 12

Si guardò intorno senza capire e domandandosi perché si trovava lì davanti a quella porta. Era come se una forza misteriosa l’avesse portato fin lì.
Fece ancora qualche colpo di tosse, stavolta forse per il troppo freddo.
Fu allora che sentì battere un colpo.
Ebbe paura e guardò tra gli alberi stando attento alle spalle.
Ancora un colpo.
- Chi c’è? - chiese

Nel sentire la sua voce, Gabriel, quasi ormai incosciente, raccolse le sue ultime forze e bussò alla porta più forte che poteva.
Fu allora che Edward capì da dove provenissero quei rumori.
Si avvicinò cautamente alla porta e accostò l’orecchio -C’è qualcuno?- chiese
Gabriel non riusciva a parlare, non poteva rispondergli, qualcosa gli stringeva la gola e lo stava soffocando.
Poi finalmente l’aria intrappolata uscì con un colpo di tosse.
-Chi sei? Cosa ci fai qui dentro?- chiese ancora Edward terrorizzato.
Non ebbe risposta -Rispondi! Chi sei?- insistette
Gabriel con grande sforzo si arrampicò alla porta e diede un altro lieve colpo.
Nella testa di Edward passarono mille pensieri. C’era qualcuno chiuso lì dentro, questo era evidente, ma chi, e perché?
Cercò in fretta la chiave, e aprendo la porta una persona cadde ai suoi piedi con la faccia nell’erba.
Fece istintivamente un passo indietro. Era completamente buio e a stento riuscì a riconoscere una sagoma umana.
Lo afferrò per il giubbino e lo girò - Chi sei, cosa ci fai qui?- gli chiese.
Gabriel sentì la disperazione prendere completamente possesso di lui. Non riusciva a parlare, ma se non lo faceva sarebbe morto soffocato. Si sforzò di tossire e così riuscì a sussurrare
- Aiutami-
Soltanto allora, Edward capì che quella persona stava male e quei colpi di tosse, quel respiro strozzato gli sembrarono tremendamente familiari.
-Che hai? Dimmi che devo fare?- gli chiese immobilizzato dal panico
Gabriel non riuscì a rispondere. Gli afferrò disperatamente un braccio per chiedergli un ultimo aiuto, mentre sentì una terribile sensazione di lasciarsi andare, di smettere di combattere tra la vita e la morte. Sentì venir meno anche quella impercettibile forza che gli era rimasta, non ce la faceva, sentiva gli occhi girarsi e tirare dolorosamente.
La presa della sua mano sul braccio di Edward si allentò e la testa gli cadde con un tonfo nell’erba.
-Hey!- gridò Edward schiaffeggiandolo -Hey, che succede, svegliati, dai svegliati maledizione!-
Non aveva idea di chi fosse quella persona, ma chiunque fosse si sentì in dovere di fare qualcosa.
Gli spalancò la bocca, poi posizionò una mano sul petto cercando di seguire alla lettera le nozioni che ricordava di pronto soccorso, e soffiò con tutta la forza che aveva.
-Svegliati accidenti, svegliati!-
Lo fece ancora e ancora una volta.
Gabriel ebbe un sussulto.
-Ok, ok, perfetto, così, avanti- gli disse Edward continuando con la respirazione artificiale.
Fece un colpo di tosse, poi un altro ancora.
-Ecco, ecco, perfetto, dai, ce l’hai fatta…ce l’hai fatta- gli disse esausto e ansimante per lo spavento che si era preso.
Gli sollevò la schiena da terra e lo fece poggiare ad un albero, poi si ricordò di avere con sé l’aspiratore.
Scavò in fretta nel taschino del pigiama e glielo accostò alla bocca -Dai, forza, fai un bel respiro-
Gabriel obbedì mentre ancora non aveva recuperato del tutto i sensi.
Pian piano, ricominciò a respirare bene, gli tornò la vista, anche se non riusciva a vedere altro che qualche lieve riflesso della luna addosso al suo salvatore.
-Ora mi dici chi sei?- gli chiese Edward
-Se fosse così facile….- sussurrò lui ancora con una certa difficoltà a far uscire le parole.
-Chi ti ha chiuso qui dentro?- domandò ancora
-Non ha importanza- rispose vagamente lui cercando di alzarsi reggendosi al tronco
-Dimmi chi sei!- insistette Edward
Gabriel cercò di allontanarsi temendo che potesse riconoscerlo, ma era troppo debole, tanto da non riuscire ad andare oltre l’albero successivo.
-Dove credi di andare!?- gridò Edward
-Devo andare, ma ci rivedremo, promesso- rispose percorrendo un altro metro e aggrappandosi al terzo albero.
Edward lo raggiunse, lo afferrò per il giubbino e lo spinse con la schiena contro l’albero - Credi davvero che ti lasci andare via così, senza sapere chi sei e cosa ci fai a casa mia?!-
-Lasciami andare, per favore…Lo dico per te- lo supplicò
-Scordatelo. Dimmi chi sei!-
Un soffio di vento fece muovere i rami degli alberi e per un attimo una flebile luce passò sul volto di Gabriel.
Edward non era sicuro di ciò che aveva visto. Lo trascinò più in là, dove non c’erano alberi e cercò di osservarlo.
Scosse la testa e sorrise, poi lo lasciò e cercò l’aspiratore nella tasca. Lo lanciò lontano, tra gli alberi, poi si rivolse a Gabriel e gli disse - Ok, ora puoi andare, l’effetto di quella schifezza passerà presto, e sparirai anche tu-
Gli voltò le spalle e si incamminò verso casa ancora incredulo per ciò che gli aveva provocato quel medicinale.
Giurò a se stesso di tornare in camera sua e cercare di dormire senza permettere a nessun’altra allucinazione di prendersi gioco di lui.

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