Con l’ansia alla gola e il panico che gli faceva tremare le gambe, corse giù per le scale e poi a casa.
-Dov’è Michael?- chiese ad Amelia
-E’ al lavoro- gli rispose lei allarmata da quella strana ansia che vibrava addosso al ragazzo.
-Ok…- le disse lui ancora ansimante -…per favore Amelia, non dire a nessuno che mi hai visto, ok? Torno subito-
-Arthur, ma è pronta la cena!- gridò mentre lui risaliva in macchina
-Si, lo so, mangiate pure, non mi aspettate-
Mise in moto e sfrecciò fino alla comunità. Al cancello le guardie lo fermarono.
-Devo vedere Michael Wilson, per favore, è urgente- disse loro
-Mi dispiace, non può entrare nessuno- gli risposero
-Allora me lo faccia chiamare, per favore, le ripeto, è urgente-
La guardia sbuffò e rientrato nella guardiola, compose il numerò dell’interno.
Michael lo raggiunse dopo pochi minuti che a lui sembrarono secoli -Che diavolo succede, Arthur? Cos’è tutta quest’urgenza?-
-Michael, ti devo parlare, per favore- gli disse ansimante
-Che cazzo è successo?! Non mi far preoccupare, Nicholas sta bene?- gli chiese lui sospettando il peggio
-Si, si, stanno tutti bene, ma è urgente lo stesso, Sali in macchina-
-Ok, aspetta, avverto che mi assento un attimo-
Tornò dentro, poi uscì di nuovo e salì in macchina.
-Andiamo in un bar, mi occorre una camomilla- gli disse Arthur
-Ok- acconsentì suo cugino.
Si accomodarono ad un tavolino e ordinarono.
-Ora vuoi decidere a parlare?- lo incitò Michael
-E’ una cosa sconvolgente…- disse faticando a far uscire le parole
-Cazzo, Arthur, parla!-
-Ok. Ok, ci provo…Ricordi quella persona che era sotto casa nostra l’altra notte?-
-Certo. E allora?- gli chiese impaziente
-E’ venuto oggi nel mio studio e per poco non mi è preso un colpo. E’ il fratello gemello di Edward- disse tutto d’un fiato
Michael restò di sasso -O mio Dio…Ma lui non era….-
Arthur scosse la testa -No. Lo credevano tutti, ma non è andata così-
-Cazzo! E ora dov’è?- chiese dando lieve pugno sul tavolino
-L’ho chiuso nel mio studio-
-Cosa?! Cos’hai fatto?!-
-Non voleva saperne di ragionare, così ho dovuto fermarlo in qualche modo-
-Ma sei impazzito?!!!!!!!-
-Forse, ma non avevo altra scelta, non potevo rischiare che Edward lo incontrasse-
-Tu sei un…..Sei un…- gli disse senza trovare la parola giusta
-Si,si, lo so…Ma ora devi darmi una mano-
-Una mano? Cugino mio, mi sa che l’unica cosa da fare è parlare con Edward prima che incontri quel tipo…Oddio, non oso immaginare-
-No, non se parla- si ostinò Arthur
-Arthur, lo so che non è il momento, lo so che non avrebbe mai dovuto saperlo, ma se non lo facciamo noi, lo farà quel ragazzo. E ciò non deve accadere-
Arthur poggiò i gomiti sul tavolo e si mise le mani tra i capelli -Non è possibile, Michael-
-E’ così, purtroppo. E’arrivato il momento per lui di sapere la verità-
Arthur si coprì le orecchie -No, no, non se ne parla-
-Lo so che è difficile, sarà difficile soprattutto per lui, ma deve saperlo-
-Ma tu ci pensi alle conseguenze?! Maledizione, Michael come fa a non fregartene niente!-
-M’importa e come! Ma se non lo viene a sapere da noi sarà ancora peggio! Ora andiamo da lui, ci prendiamo un paio d’ore per parlare e gli diciamo tutto-
Arthur si alzò con un gesto di stizza -No, ti ho detto di no. Troverò il modo per far sparire quel guastafeste-
-Per una volta, Arthur, una volta sola, non dar retta a quella testa di cazzo! Cosa vorresti fare?-
-Qualsiasi cosa pur di rimandarlo da dove è venuto-
-Quando dici così mi fai paura-
-Allora spero di fare paura anche a lui-
Michael scosse la testa -Dai, smettila, siediti per favore-
Arthur sospirò e si risedette.
-Senti- gli disse suo cugino - Conta fino a tre prima di prendere una decisione. Infondo Edward ha il diritto di sapere la verità sul suo conto-
-Cazzate! Mio fratello ha solo il diritto di essere felice, e lo è, e non permetterò a quello lì di rovinare tutto-
-Ma non capisci che non dipende solo da te?! Se quel tipo si è messo in testa di incontrarlo, troverà il modo di farlo. Dobbiamo parlargli noi, per primi-
Arthur non rispose e bevve un sorso di camomilla.
Passarono attimi di imbarazzante silenzio.
-Non possiamo dirglielo noi. Spiegherò tutto a mio padre, se vuole ci parlerà lui-
-Ma tuo padre adesso si trova dall’altra parte dell’America!-
-Vuol dire che aspetteremo il suo ritorno-
-E credi che quel tizio sia d’accordo?-
-Che vuoi che m’importi di lui! Lo convinceremo in qualche modo.-
-Magari è meglio chiamarlo tuo padre, bisogna avvertirlo-
-Ma no, si precipiterebbe qui con il primo aereo, non voglio rovinargli la vacanza-
Michael sbuffò -Arthur, mi sa che tu non hai capito la gravità della cosa, oppure non vuoi capirla. Ora facciamo così: andiamo a casa, telefoniamo a tuo padre, poi andiamo da quel tizio e lo convinciamo ad aspettare il suo ritorno. Non possiamo fare altro, è la soluzione migliore, credimi-
Lui accettò a malincuore, per niente convinto, ma conosceva bene il suo carattere troppo istintivo, e decise di affidare le sue azioni a qualcuno che non fosse se stesso.
Andarono a casa e chiusi in camera sua, telefonarono ad Albert.
Fu Michael a spiegare tutto a suo zio, che per quanto lui fosse stato delicato e lento nel dargli la notizia, rischiò un infarto per il terrore di perdere quel figlio che non era suo figlio, ma che amava quasi più del suo vero figlio.
-Sarò da voi al più presto- gli disse facendosi coraggio -Ora passami Arthur, per favore-
Michael obbedì.
-Senti, Arthur- gli disse suo padre -So che la situazione è catastrofica, so che è difficile mantenere la calma, ma per l’amor del cielo, stai tranquillo e non fare cazzate…E soprattutto fa che lui non si accorga di niente-
-Stai tranquillo papà, la fase dei pensieri diabolici mi è già passata-
-Ma conoscendoti potrebbe sempre tornare…Ti prego, fammi stare tranquillo-
-Te l’ho detto papà, tranquillo-
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