martedì 22 luglio 2008

CAPITOLO 15

-Non è proprio un albergo a cinque stelle, ma non potevo permetermi altro- disse Gabriel osservando la perplessità e il disappunto di Edward nell’entrare in camera.
-Che vuoi che m’importi. E poi mi ci dovrò abituare a cambiare tenore di vita- gli rispose gettando il giubbino sul letto e sdraiandosi sopra
-La tua famiglia è molto ricca eh? Quella casa è una reggia, e la tua macchina è una figata-
Lui si rialzò e lo fissò contrariato -La “tua” famiglia, la “tua” macchina…Nulla è mio, l’hai dimenticato?!-
Gabriel ammutì mortificato -Ok, scusa- . Poi andò a fare una doccia.
Edward si lasciò cadere sul letto e fissando il soffitto, cercò di mettere a fuoco ciò che era successo quella notte. Ma la sua mente sembrava spenta, sembrava non volerne sapere di realizzare quella notizia. Non riusciva a pensare a niente, per quanto scavasse e riscavasse tra i suoi pensieri, trovava solo il nulla, come se d’improvviso avesse perso la memoria, come se non ricordasse niente della sua vita fino a quel momento.
Si addormentò. Fece centinaia di sogni che si accavallavano tra loro come la pellicola di un film ingarbugliata su sé stessa.
Sognò della sua infanzia, delle splendide giornate a giocare con i genitori e i suoi fratelli, sognò delle pazzie e le avventure da ragazzini con Arthur e Michael, sognò la sua casa, la sua ragazza, e sentì un terribile e improvviso senso di vuoto.
Si svegliò di colpo paralizzato dal freddo eppure completamente sudato.
Si guardò intorno. Era l’alba.
Accanto a lui, Gabriel sembrava dormire tranquillo. Si alzò e si fermò accanto al letto a guardarlo terrorizzato. Quella persona identica a lui lo spaventava.
Gabriel aprì gli occhi svegliato dal sentirsi osservato.
-Edward…- sussurrò
-Sei ancora qui?- gli disse lui con odio e con gli occhi rossi
Suo fratello si strofinò gli occhi e cercò di svegliarsi del tutto
-Si, mi dispiace. Lo so che speravi di svegliarti e di non trovarmi…-
Non gli rispose, aprì il balcone e cercò conforto nell’aria fresca dell’alba.
Si affacciò alla ringhiera e sentì improvvisamente un fiume di lacrime salirgli agli occhi. Scoppiò a piangere senza rendersene conto, senza provare alcuna sensazione, senza emozioni, come se il suo corpo ormai si desse dà solo i giusti istinti e come se la sua anima fosse volata via chissà in quale mondo lontano e nascosto.
Gabriel lo lasciò solo. Sapeva bene cosa provava e come si sentiva.
Si vestì e uscì a fare quattro passi per non dargli fastidio.
Si sentiva in colpa, ma nello stesso tempo convinto di aver fatto la cosa giusta.

Anna si svegliò prima che suonasse la sveglia.
-Edward?- chiamò rivolta alla porta del bagno.
Non ebbe risposta.
-Edward!- insistette
Niente.
Si alzò e andò a vedere. Di lui neanche l’ombra.
Uscì nel corridoio, poi scese le scale. Vide Arthur seduto nel salone, così preso dai suoi pensieri che non si accorse neanche che lei era lì.
-Buongiorno- gli disse -Hai visto Edward per caso?-
Arthur la guardò con gli occhi lucidi e sorrise amaramente
-Vieni qui- le disse picchiettando una mano sul divano accanto a lui.
-Arthur, che succede?- gli chiese lei preoccupata
-Niente, niente tranquilla, dai ora ti spiego tutto-
Anna ascoltò il suo racconto mentre milioni di dubbi la divoravano. Arthur con le sue parole un po’ confuse e cariche di amarezza cercò di spiegarle tutto come meglio poteva.
-Che ne sarà ora di lui? Di noi?- pensò ad alta voce lei alla fine di quella storia inverosimile.
-Si sistemerà tutto, vedrai- cercò di tranquillizzarla lui, poi la abbracciò e lei scoppiò in lacrime.
Poco dopo, Michael tornò a casa.
-Cos’è successo?!Dov’è Gabriel?- chiese togliendosi la sciarpa a gettandola a terra con rabbia
-Michael, io…- cercò di spiegargli Arthur, ma lui era furioso.
Lo afferrò per il collo del pigiama -Lo sapevo che non dovevo fidarmi di te, lo sapevo!-
-Basta smettetela!- intervenne Anna -Per favore…Per favore. Non serve a niente ora addossarsi le colpe. La colpa non è di Arthur. Loro si sarebbero incontrati comunque…-
I due ragazzi la guardarono senza capire.
Anna abbassò lo sguardo e scosse la testa strizzando gli occhi per non far uscire le lacrime.
-Che vuoi dire?- le chiese Arthur
-Voglio dire…- gli rispose lei -…cioè, credo…Che loro due potessero “sentirsi” in qualche modo. Forse mi sbaglio, ma stanotte, prima che Edward si svegliasse con quell’attacco d’asma, stava probabilmente sognando qualcosa e sillabava delle lettere, come se stesse cercando di leggere qualcosa. Lo sapete, lui parla nel sonno. Apparentemente erano lettere senza senso, ma ora che so tutto forse capisco…”Gabriel” , era questo che diceva.
Arthur scosse la testa quasi spaventato -Non è possibile, lui non sapeva niente di lui, figuriamoci se sapeva il suo nome-
-E’ per questo che ti ho detto, che secondo me loro due comunicavano in qualche modo. E’ stato qualcosa tipo un sesto senso a condurlo lì a quel vecchio forno-
-O forse sapeva tutto prima di noi!- la smentì Michael innervosito
-Michael, smettila e stiamo calmi!- intervenne Arthur
Presi dai loro discorsi, nessuno si era accorto della presenza di Elisabeth sulle scale.
I suoi occhi erano colmi di rabbia quando li raggiunse -Cos’è uno scherzo? Arthur stavolta stai giocando sul pesante…-
-Mi dispiace…- le disse suo fratello -…vorrei tanto anch’io che fosse uno dei miei stupidi scherzi, ma stavolta non lo è-
Elisabeth era confusa, non capiva, non voleva capire, non poteva essere.
-Arthur, per favore…- lo supplicò con le lacrime agli occhi
Lui si alzò e la fermò per evitare che scappasse via a nascondersi come ogni volta che stava per piangere -Elisabeth, ti spiego tutto con calma se vuoi, ascoltami, ti prego-
Lei liberò il braccio dalla sua presa e gli diede un pugno sul petto -Non c’è bisogno che mi spieghi! Ero lì, sulle scale, ho sentito tutto!-
-Allora non capisco perché te la prendi con me! Il mio unico maledetto errore è stato quello di addormentarmi!- gridò lui lasciandosi prendere dall’atmosfera di panico che si stava diffondendo in quella grande stanza.
-E credi davvero che io sia così superficiale da accusarti solo per questo! - gli urlò in faccia lei
-E allora cosa diavolo vuoi!? Credi che per me sia facile?!-
-Io…Io…Io non capisco come hai potuto tenerti un simile segreto. Non capisco come abbiate potuto nascondermelo tu e questo…Questo traditore di mio marito! Michael, se non sbaglio io e te non avevamo segreti, se non sbaglio io e te…O mio Dio!- le lacrime la interruppero.
Anna la abbracciò cercando di farsi forza -Dai, Elisabeth, calmiamoci, calmiamoci tutti-
-Dove sarà adesso? Dov’è andato!?- continuava a singhiozzare lei asciugandosi le lacrime.
Il pianto di un bambino li interruppe. Elisabeth salì di corsa le scale e andò da Nicholas cercando di nascondere il suo turbamento. Lo abbracciò forte e lo baciò, perdendosi tra i suoi sottili capelli morbidi e l’odore di bambino.
Il piccolo si calmò immediatamente e si lasciò coccolare dalla mamma.
Mentre lo stringeva tra le braccia, le passarono per la mente centinaia di ricordi che legavano quel bimbo a Edward.
Si ricordò di quando gli aveva detto di essere incinta.
A metà tra gioia e disperazione, e senza sapere cosa fare, suo fratello era stato l’unico a non storcere la faccia naenche per un attimo, il primo a saperlo e l’unico che le aveva dimostrato sincera felicità per quel lieto evento. Lui non aveva pensato che lei non era sposata, non aveva pensato a niente. Era felice e questo le era bastato ad avere il giusto coraggio per portare avanti serenamente quella gravidanza.
Fin dai primi giorni, Edward le era stato vicino, era stato lui a parlare con Walter e a dargli la notizia. Lui la accompagnava dal medico mentre Michael segnava i suoi ultimi mesi di tossicodipendenza in comunità, lui passava intere serate sul divano, con la testa poggiata sulla sua pancia ad aspettare un movimento, un rumore, un piccolo segno di quel miracolo che avveniva dentro di lei. Lui aveva comprato centinaia di giocattoli al suo nipotino, prima ancora di sapere se fosse maschio o femmina. Gli aveva comprato un cavalluccio a dondolo di legno, decine di peluches di Winnie Pooh, dei libri di favole, dei cartoni animati e tante altre cose che lei neanche ricordava. E poi quanto la viziava! Si curava di lei sempre, in ogni situazione, a volte così tanto da essere opprimente. E come dimenticare la notte della sua nascita?
Le si strinse il cuore nel ricordare i suoi occhi colmi di lacrime quando ebbe per la prima volta Nicholas tra le braccia.
Quanto lo amava quel bambino! E quanto quel bimbo si illuminava quando vedeva lo “zio Deddy”! Com’era possibile, ora, scoprire all’improvviso che tra loro non c’era alcun legame di sangue?
Si asciugò alcune veloci lacrime che non era riuscita a trattenere, poi portò Nicholas in cucina e gli preparò il latte cercando di ignorare le voci degli altri di là che ancora discutevano animatamente.
Poco dopo, Michael la raggiunse e le baciò i capelli. Lei si scostò brutalmente.
-Io non potevo dirtelo, l’avevo giurato a mio padre di non dirlo a nessuno- cercò di giustificarsi lui
-Lo sapevate tutti. Tutti tranne io! Perché,Michael!? Dimmi perché! E soprattutto perché nessuno gliel’ha mai detto!? Perché siete stati così incoscienti!? Lui non lo meritava tutto questo, non meritava di essere ingannato in questo modo!- gli rispose lei ancora furiosa e sconvolta
-Perché se non fosse sbucato dal nulla quel guastafeste di suo fratello, lui non l’avrebbe mai saputo, né lui, né nessun altro-
-Appunto!- gridò lei ancora più incollerita -Cosa volete ora eh? Un applauso? Bravi, bella sceneggiata, avete montato tutto secondo il vostro egoismo e secondo il vostro modo di vedere le cose!-
-Elisabeth, non ci devi giudicare. Io sono sicuro che anche tu avresti fatto lo stesso-
Lei scosse la testa -Ma non farmi ridere…Sai che bello svegliarsi un giorno a venticinque anni e scoprire che sei vittima di un inganno di massa! Prova a metterti nei suoi panni, ora!-
Ancora una lacrima che Michael cercò di asciugare, ma lei non si lasciò avvicinare. Gli diede il biberon e gli disse -Puoi darglielo tu, per favore?-
Voleva stare sola, voleva interiorizzare l’accaduto, voleva costringersi a crederci, perché era difficile, troppo difficile.
Così si rifugiò in camera sua.
Avrebbe voluto andare a cercarlo, avrebbe voluto vederlo, abbracciarlo. Trovare qualche parola di conforto come lui le aveva trovate nei suoi momenti difficili. Avrebbe voluto ricambiare per una volta tutto l’affetto che lui le aveva sempre dimostrato, ma ora, Edward sembrava sparito nel nulla.

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