martedì 22 luglio 2008

CAPITOLO 8

Facendo attenzione a non destare sospetti, uscirono di casa diretti allo studio fotografico.
Gabriel stava dormendo su una poltrona e al rumore della porta balzò in piedi.
La richiusero in fretta e Arthur si infilò le chiavi in tasca.
-Gabriel, lui è Michael, mio cugino-
Gabriel non lo ascoltò neanche, lo afferrò furioso per il giubbino e lo scaraventò sulla scrivania.
-Fammi uscire di qui, subito!- gli disse
Arthur lo spinse e Michael lo tenne fermo mentre lui continuava a dimenarsi.
-Puoi uscire quando vuoi- gli disse Arthur -A patto che accetti una nostra condizione-
Gabriel si liberò dalla presa e Michael non fece resistenza.
-Sediamoci un attimo- intervenne Michael ancora stravolto e incredulo per la straordinaria somiglianza di quel ragazzo con Edward. Infondo era ovvio, erano gemelli, ma vederlo faceva un certo effetto.
-Ascolta Gabriel, noi siamo disposti a venirti incontro, faremo in modo che tu e Edward possiate incontrarvi. Ma ci occorre del tempo per spiegargli tutto. Suo padre è in viaggio, ma l’abbiamo chiamato e ci ha assicurato che sarà qui prima possibile. Sarebbe da folli apparirgli così all’improvviso, sarebbe uno shock terribile. Tralaltro soffre d’asma nervosa, non vorrai che gli succeda qualcosa di brutto, spero-
Gabriel sorrise amaramente -Asma nervosa? Volete dire che non siete al corrente della sua malattia?-
Michael e Arthur si guardarono in faccia. Edward soffiva di quel disturbo da piccolissimo, e nessun medico aveva mai saputo dare una diagnosi precisa. Così l’avevano attribuito ad un fattore nervoso.
-Che vuoi dire?- gli chiese Arthur
Gabriel scosse la testa -Mi state prendendo in giro?-
-Ti assicuro, no-
Sospirò - Mi dispiace essere io a dovervi informare, ma la mia è una malattia genetica, ed essendo gemelli monozigoti, ce l’ha anche lui. Possibile che nessuno se ne sia mai accorto?-
Arthur si sentì mancare le forze -Ma cosa stai dicendo?!-
-E’ così, mi dispiace, credetemi. Ma per fortuna non è in tutti i casi una malattia degenerante. Può darsi che lui ce l’abbia in una forma lieve e che quindi la cosa non rappresenti un pericolo di vita. Ma può aggravarsi col tempo, deve curarsi-
Tirarono un sospiro di sollievo.
-Nel mio caso, invece…- continuò -…avrebbe dovuto stroncarmi da neonato. Ma qualcuno lassù ha voluto darmi un’altra opportunità, anche se breve e sofferta-
Regnò il silenzio.
Michael si alzò per sgranchirsi le gambe -Allora siamo d’accordo? Aspetteremo che torni mio zio, e che Edward si sollevi un po’ dal colpo-
-Mi stai dicendo che potrebbero volerci settimane?- contestò Gabriel
-Aspetteremo tutto il tempo necessario- confermò lui
Gabriel scosse la testa -Io non posso aspettare. I miei giorni sono contati. Domani potrei anche non esserci più. Mi basta un attacco d’asma per restarci secco. Mi dispiace, non ci sto-
Arthur sospirò -Gabriel, ti capiamo perfettamente, ma non possiamo dargli una simile botta così all’improvviso, cerca di capire-
Lui si alzò in piedi e gli andò di fronte -E tu cerca di capire me! Domani potrebbe essere troppo tardi!-
-Non lo sarà- insistette Arthur -E comunque mio padre sarà qui domani sera al massimo-
-Ma allora non hai capito?! Per me è troppo, anche un solo minuto-
Arthur diede uno schiaffo alla scrivania -Smettila di ostinarti e di tentare di commuoverci sfruttando la tua situazione! Non funziona!-
Gli occhi di Gabriel si riempirono di rabbia e lo afferrò per la gola -Tu non sai quello che dici, maledetto! Ne farei volentieri a meno di servirmi del fatto che la mia vita è appesa ad un filo!-
-Basta ora, smettetela voi due!- intervenne Michael -Gabriel, quella che ti abbiamo proposto è l’unica soluzione, per favore, accettala, e tornatene in albergo o dove diavolo alloggi. Altrimenti non possiamo lasciarti andare-
Gabriel si avvicinò a lui e lo guardò negli occhi -Chi credi di spaventare tu eh? Credi che basterete voi due a fermarmi?-
Michael si avvicinò ulteriormente -Si, magari con un piccolo aiutino…-
Gli premette con forza un fazzoletto sulla bocca e lui cadde all’istante sulla poltrona.
Arthur era allibito -Mike, che hai fatto!?-
-Niente, tranquillo, starà solo un po’ stordito, lo usiamo quando i pazienti diventano pericolosi, ne ho sempre qualcuno in tasca-
Arthur si passò una mano tra i capelli -O Signore, Michael, ma cosa stiamo facendo?-
-Ho costatato che con questo qui non si può ragionare, quindi dovremo tenerlo a bada almeno finchè tuo padre non avrà parlato con Edward- disse sicuro di sé
-E adesso che cazzo facciamo?-
-Adesso aiutami a portarlo in macchina, dobbiamo nasconderlo da qualche parte e nello stesso tempo tenerlo d’occhio-
Arthur obbedì e se lo caricò su una spalla -Ho il presentimento che stiamo facendo un’enorme stronzata-
-E’ l’unica cosa da fare, cugino, avevi ragione-

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