martedì 22 luglio 2008

CAPITOLO 9

Si diressero verso casa e lo trascinarono fino ad un vecchio forno sul retro della villa. Per raggiungerlo bisognava attraversare quello che ormai era diventato un grande spazio per far passeggiare i cavalli e a pochi passi da lì c’era quell’antichissima costruzione di pietra, quasi completamente coperta da erbacce.
Era buio pesto, si aiutarono con la luce del telefonino e cercarono la chiave della porta di legno nella fessura di una pietra, era sempre stata lì, e ormai non ci entrava nessuno da anni.
-Mike, tu sei sempre convinto di quello che stiamo facendo?- gli chiese Arthur guardandosi intorno
-No, per niente, ma che altro possiamo fare per convincere quest’idiota ad aspettare che torni tuo padre?-
Gabriel aprì leggermente gli occhi e bisbigliò qualcosa di incomprensibile.
-Stà calmo, non preoccuparti, è tutto a posto- gli disse Arthur, poi lui tornò a dormire.
Entrarono e lo sistemarono per terra.
Il freddo era terribile, così si tolsero i giubbini e lo coprirono per bene.
Arthur dovette sacrificare il suo affezionato cuscino con la foto di Nicole che portava sempre in macchina, che probabilmente Gabriel non trovava molto comodo.
Mosse la testa , aprì di nuovo gli occhi e si guardò intorno, anche se con quel buio c’era ben poco da vedere.
-Dove diavolo mi trovo?!- si sforzò di chiedere ancora stordito
-Stai tranquillo- gli disse Michael –Starai qui soltanto poche ore, domani mattina vedremo cosa fare…Magari avrai cambiato idea-
Gabriel tentò di alzarsi e gli afferrò un braccio, ma ricadde subito per terra stremato.
-Voi siete due folli!- sussurrò
-Si, ne avevamo il vago sospetto…- confermò Arthur
-Non potete lasciarmi qui…-continuò tra veglia e sonno -…io devo…devo…-
-Si, va bè, qualunque cosa tu debba fare, la farai un altro giorno, non ci pensare e dormi-
Uscirono in fretta e richiusero con attenzione la porta cigolante.
-Arthur io torno al lavoro- gli disse Michael –Si sveglierà del tutto tra un paio d’ore, tu vieni a controllare se è tutto a posto, e spiegagli la situazione -
-Ok- confermò suo cugino non troppo convinto
-Arthur posso fidarmi?-
-Si, certo, stai tranquillo, lo tengo d’occhio io-
-E soprattutto, attento a non destare sospetti di nessun tipo, non dire una sola parola, neanche con Nicole-
-Ovvio-
-Ok, chiamami per qualsiasi cosa. Prendo la tua macchina-
-Va bene-
Quando Arthur tornò in casa, si accorse che erano già le ventitre.
-Arthur! Ma che fine avevi fatto?- gli chiese Nicole allarmata
Prima di rispondere ci pensò cento volte. Gli occhi di tutti, seduti intorno al fuoco,erano su di lui.
-Non essere indiscreta Nicole- le disse Edward
-Indiscreta? Sono le undici passate!- insistette lei preoccupata
Arthur sentì un macigno cadergli nel petto e girò lo sguardo quando suo fratello gli lanciò un’occhiata complice. Edward era convinto che stesse preparando qualcosa per il compleanno di sua moglie, visto che l’indomani, Nicole avrebbe compiuto ventitre anni.
-Appunto Nicole- intervenne Elisabeth che si illudeva di aver capito tutto –Non fare troppe domande-
-Ma siete tutti impazziti?- chiese lei senza capire, ma poi sospettò il motivo di quelle loro affermazioni, sorrise e gli fece spazio sul divano –Ok, dai, vieni, me lo spiegherai domani-
Arthur si sedette accanto a lei e la abbracciò –Certamente-
Mentre gli altri continuarono a parlare immersi nei discorsi più svariati, la sua mente vagava senza sosta. Si fermò più volte ad osservare suo fratello, o meglio, il fratello di Gabriel.
Improvvisamente, gli passò davanti agli occhi, chiaro, il ricordo della sera prima che sua madre morisse.

Suo padre aveva chiesto ad Amelia di potersi occupare personalmente di mettere a letto i bambini.
Così passarono un’ora in bagno schizzandosi con l’acqua e ridendo a crepapelle, mentre Albert li guardava divertiti senza imporgli alcun limite.
Poi asciugò loro i capelli e li mise a letto, ma quando stava per andar via, Edward gli lanciò il cuscino e poi si nascose sotto le lenzuola. Cominciò così un’accanita lotta con i cuscini che terminò al sentire la voce della mamma nel corridoio
Allora raccolsero in fretta i cuscini e si infilarono sotto le coperte, ancora con il fiatone della lotta.
Albert abbracciò Edward e Arthur, li coprì bene, gli sistemò i capelli, e infine si dedicò alla piccola Elisabeth.
Le rimboccò le coperte e la baciò sulla fronte, poi si divertì a strofinare il naso contro il suo.
-Chi è il tuo fidanzato?- le chiese
-Tu- rispose lei sorridendo e baciandolo sulle labbra, poi lo abbracciò forte, e lui faticò a convincerla di lasciarlo andare.
Quando entrò Susan, cominciarono a litigare per averla vicino mentre raccontava loro una storia, come ogni sera.
-Ok, bambini, basta litigare, altrimenti niente storia!-
Tacquero immediatamente.
-Stasera è il turno di Edward- concluse.
Si sedette sul suo letto e lui andò ad abbracciarla.
Ascoltarono la storia senza battere ciglio e quando Edward ed Elisabeth si addormentarono, Arthur chiese a sua madre di restare ancora un po’ con lui.
Susan si sedette sul suo letto e lui le poggiò la testa sulle ginocchia. Sorrideva guardando gli altri due dormire.
Edward canticchiava nel sonno e lei cercava di capire cosa stesse dicendo…Elisabeth se ne stava rannicchiata tra le coperte lasciando spuntar fuori soltanto il nasino a punta e un ciuffo di capelli.
Intanto Susan accarezzava i capelli di Arthur giocando con i suoi riccioli.
Ad un tratto gli chiese -Arthur, voi tre vi volete bene, vero?-
-Si…- le rispose lui
-Molto?-
-Si mamma…Molto- confermò
-Allora promettimi una cosa…- gli disse -…Dovete volervi sempre bene come adesso, sempre hai capito?-
Il bambino annuì con la testa senza capire il senso di quel discorso.
Lei continuò -Qualunque cosa succeda, dovete restare sempre insieme e volervi bene…E poi, tu, Arthur, sei il più grande, devi badare a loro due e proteggerli,sempre…Me lo prometti?-
Arthur si alzò e la guardò negli occhi per cercare di capire il perché di quelle parole che sembravano quasi un addio.
Accennò un “si” con la testa, poi si infilò sotto le coperte.
-Sei felice ora, vero?....- continuò la madre -…mamma e papà ti vogliono bene…hai una bella casa, due splendidi fratellini…Ma a volte capita di essere tristi, lo sai piccolino?-
-Come quando si rompe un giocattolo…O quando muore un coniglietto…- disse lui
-Esatto…e un giorno anche Edward, o Elisabeth potrebbero essere tristi, lo sai?-
Arthur scosse la testa -Io non voglio che loro siano tristi…-
Susan gli sorrise -E allora tu dovrai consolarli, dovrai stargli vicino e dovrai fare tutto il possibile perché tornino ad essere felici…Devi prenderti cura di loro, sempre e non dovrai mai abbandonarli. Fammi questa promessa…-
Arthur incrociò le dita e le baciò -Te lo prometto mamma-
Sua made gli baciò la fronte -Bravo, tesoro mio, sei un bambino bravissimo-
-No, mamma, sono un uomo ormai…- rispose lui con aria seria
Susan sorrise -Ma certo scusa, l’avevo dimenticato che ormai hai quasi cinque anni… Buonanotte ometto!-

Quando aveva fatto quella promessa non avrebbe potuto immaginare i segrerti che sua madre celava nascosti. Primo fra tutti, il suo tradimento con Walter, dal quale era nata Elisabeth, e poi, quello di Edward, che lui aveva scoperto solo qualche mese prima.

Si sforzò di sorridere, di seguire i discorsi e di rispondere in modo sensato quando gli veniva rivolta la parola, ma in realtà non desiderava altro che isolarsi, restare da solo, nascondersi da qualche parte a cercare nel cielo la stella di sua madre ,chiederle cosa fare,e chiederle perdono perché stavolata non sarebbe stato capace di mantenere quella promessa.

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