martedì 22 luglio 2008

CAPITOLO 6

Erano quasi le diciannove. Arthur spense il computer e cercò di mettere un po’ d’ordine sulla scrivania. Ammucchiò dei fogli e delle riviste e sfogliò dei provini scartandone alcuni.
Karen bussò alla porta
-Avanti-disse Arthur
-C’è un ragazzo che vuole parlarti- gli disse la segretaria
-Un ragazzo? Strano, non ho nessun appuntamento…E poi sto andando via-
-Gliel’ho detto…Ma dice che è importante-
-Ho capito…I soliti fotomodelli in cerca di lavoro…Ok, fallo entrare-
Il ragazzo entrò. Arthur rimase stupito.
Era la stessa, misteriosa persona con la quale si era scontrato qualche giorno prima, e nascondeva ancora il viso con la sciarpa e gli occhiali
-Guarda chi si vede- commentò sorpreso cercando di osservarne i tratti dietro ai grandi occhiali da sole.
-Ciao- gli disse il ragazzo facendo notare un certo accento inglese.
-Che vuoi? Chi sei?- lo freddò Arthur continuando a fare il suo lavoro
-E’ una lunga storia. Hai cinque minuti?- gli chiese
Lui raccolse dei cataloghi dalla scrivania e cominciò a sistemarli sullo scaffale voltandogli le spalle.
-Ce li ho solo se mi fai vedere la tua faccia- gli rispose
Il ragazzo obbedì e si tolse sciarpa, cappello e occhiali.
Quando Arthur si voltò, gli sembrò che qualcosa lo avesse colpito allo stomaco con una forza disumana.
I cataloghi gli caddero dalle mani, si sentì venir meno per un attimo e restò lì impietrito senza respirare.
-Ora capisci?- gli disse lui
Arthur si resse alla scrivania, poi gli voltò di nuovo le spalle. Il suo presentimento era giusto, quella persona era terribilmente pericolosa per la sua famiglia.
Respirò profondamente per regolarizzare i battiti.
-Tu….Tu non dovevi essere all’altro mondo?- gli disse senza guardarlo in faccia.
-Quindi sai chi sono?- si assicurò il ragazzo
-Si, lo so- confermò Arthur
-E lui? Lui lo sa?-
Arthur sospirò ancora –No, non lo sa, non ha mai sospettato niente…Quindi, qualsiasi cosa tu sia venuto a fare qui, alza i tacchi e tornatene a casa-
-Cominciamo bene…- commentò lui
Qualcuno bussò alla porta.
-Avanti- disse Arthur
Entrò un suo collega –Arthur, ti ho portato quel cd che mi avevi chiesto-
Lanciò un’occhiata veloce al ragazzo e gli disse –Ciao Edward, stai meglio con i capelli lunghi-
Il ragazzo alzò una mano in segno di saluto, ma non gli rispose.
Quando il fotografo andò via, Arthur era ancora più sconvolto.
-Gli somiglio così tanto?- gli chiese il ragazzo
-Siete identici- gli confermò lui –purtroppo-
Seguì qualche istante di silenzio, Arthur lo osservò ancora incredulo –Tutti ti credevano morto-
-Lo sarò tra breve se ti fa piacere- gli rispose lui
-Che significa?-
-Significa che quella malattia ai polmoni che avrebbe dovuto uccidermi da piccolo, me la porto ancora dietro. Mi resta un anno di vita, al massimo-
Arthur gli voltò le spalle, colpito da quelle parole –Mi dispiace…Come ti chiami?-
-Gabriel- gli rispose
-Bene, Gabriel…Immagino che tu sia venuto fin qui per un motivo preciso-
-Ovvio-
Arthur sospirò, e fu preso da un attimo di panico pensando a ciò che sarebbe accaduto di lì a breve.
-Non puoi farlo, ti prego-
-Voglio conoscere mio fratello- insistette lui
Ancora silenzio.
-Edward sta per sposarsi. Ha un buon lavoro. Ha la sua vita. Non puoi sconvolgere tutto così-
-Mi dispiace, ma ho giurato a me stesso di ritrovare lui e il resto della mia famiglia prima che giunga la mia ora-
-Io non ti permetterò di sconvolgergli l’esistenza- lo minacciò Arthur
-Io contavo sul tuo aiuto, perciò sono qui-
-Bene, non ci contare più-
-Troverò un’altra strada. Grazie lo stesso-
Si alzò dalla sedia e stava per andarsene, ma Arthur lo afferrò per un braccio –Un momento, cos’hai intenzione di fare?!-
-Non lo so. Parlerò con tua sorella, magari lei è più intelligente di te. E se anche lei si ostina, mi sa che dovrò cercare lui, direttamente- gli rispose
-Tu sei completamente pazzo, Gabriel! Forse non hai capito, te lo scordi di farti vedere da Edward!-
-Tu non sei nessuno per impedirmelo!- si ribellò lui
-Allora non mi conosci! Sarei pronto a qualsiasi cosa pur di evitarlo-
Gabriel sorrise sarcasticamente –E vorresti farmi paura? Dovresti solo rinchiudermi da qualche parte per impedirmelo-
Arthur sentì il panico scorrergli sotto pelle. Doveva fare qualcosa, subito, o quel folle sarebbe corso da Edward.
-Già, buona idea- gli disse, poi lo spinse forte facendolo cadere per terra, uscì dallo studio e chiuse la porta a chiave.
Erano già andati via tutti.
-Ma che cazzo fai!?- gridò Gabriel bussando forte alla porta
-Apri!-
-Io ti avevo avvisato. Urla pure quanto vuoi, tanto in questo palazzo ci sono solo uffici e a quest’ora sono chiusi-
-Guarda che chiamo la polizia!-
-Infatti sto appena staccando il telefono…E il tuo cellulare si è spento perché è scarico, ho sentito la musichetta prima, ce l’avevo anch’io sai? Identico- gli disse soddisfatto
-Cazzo! Non vorrai lasciarmi qui tutta la notte!-
-Ti piacerebbe! Vado a trovarti un’altra sistemazione, torno subito-
-Dove vai?! Non puoi lasciarmi qui, devo prendere le mie medicine, cazzo!-
Ma Arthur era già andato via.

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