martedì 22 luglio 2008

CAPITOLO 4

Il sabato sera era il momento più atteso dai sei ragazzi. Di solito uscivano tutti insieme, per andare in giro per i locali, o semplicemente a mangiare fuori, in qualche ristorante carino. Se prospettavano una serata tranquilla, portavano con loro anche il piccolo Nicholas, mentre in caso di discoteche e cose varie, lasciavano il bimbo ai nonni, i genitori di Michael, nonché zii di Elisabeth, Philip e Caterine, e loro erano ben lieti di poter avere tutto per loro , per qualche ora , l’unico nipotino.
Quel fine settimana, Elisabeth e Michael discussereo parecchio sul fatto di uscire o no insieme agli altri, la tensione tra loro, ultimamente era aumentata a dismisura e non volevano mettere di cattivo umore le altre due coppie, soprattutto Edward e Anna, che si stavano apprestando a compiere un passo così importante, ma alla fine, dopo un’insistente persuasione di Arthur, che era entrato in camera loro proprio nel pieno della discussione, si videro quasi “costretti” ad accettare.
Così, dopo mille raccomandazioni ai nonni, andarono in un disco-pub.
Di solito Elisabeth era un ciclone, un vortice di energia, ballava senza sosta fino a quando non la trascinavano a forza fuori dal locale.
Quella sera, invece, sembrava veramente spenta e senza vita. Se ne stava seduta accanto a suo marito, senza che nessuno dei due dicesse una sola parola.
Arthur si sforzò di stare cinque minuti in pista, giusto per fare contenta Nicole, poi tornò a sedersi.
Edward era l’unico a cui piaceva ballare, così di solito si ritrovava sempre da solo in mezzo a tre donne e quel ruolo gli piaceva terribilmente.
Quando si accorse che al suo appello ne mancava una, la cercò con lo sguardo tra la folla, e appena la vide si precipitò da lei e la tirò per un braccio costringendola ad alzarsi.
-Edward, lasciami per favore, ho un terribile mal di testa- gli disse lei di pessimo umore
Lui la tirò a se e per sopraffare la musica le urlò in un orecchio –So bene che è una scusa, dai, vieni, te la faccio venire io la voglia di ballare-
La trascinò fino al bancone e ordinò un superalcolico.
-Ma cosa fai ? Edward, lo sai che sono astemia- lo rimproverò lei
-Prendila come una medicina, ok? Stasera non voglio vederti triste- insistette lui
Elisabeth gli sorrise –Io i tuoi consigli li ho sempre seguiti, lo sai…Ma questo non posso proprio, altrimenti domani non sarò abbastanza lucida per badare a Nicholas!-
-Domani sarà passato tutto- insistette ancora portandole il bicchiere alla bocca
Lei bevve un sorso, ma non fece altro che lasciare l’impronta del rossetto sul vetro, e sentì subito salirle la nausea.
-E’ solo all’inizio…- la rassicurò suo fratello -…poi comincia a piacerti, vedrai-
Lei si sforzò di berne ancora, poi sorrise di nuovo –Ti sembrano cose giuste da insegnare alla tua sorellina queste?-
-No, ma farei di tutto per vederti sorridere- le rispose lui con tono deciso, poi finì la bibita e la tirò delicatamente per un braccio fin sopra la pista.
La musica era assordante, Elisabeth sentiva piano piano la testa diventare leggera, come svuotarsi da ogni pensiero. In mente aveva solo la musica e tutta quella gente che si muoveva impazzita intorno a lei. Qualcuno cantava a squarciagola, qualcuno si baciava appassionatamente, forse anche troppo, nascosto tra la folla, qualcuno ne approfittava per conoscenze e approcci vari, qualcun altro era lì solo per divertirsi, come loro. Anna era la regina della pista, lei si che sapeva come muoversi, ma sempre con classe, con eleganza, senza mai essere volgare. Indossava dei pantaloni neri di raso infilati negli stivali, neri con un altissimo tacco a spillo e un top nero e argento, che metteva in risalto le sue forme non proprio esili, e proprio per questo piacevoli. I capelli li portava sempre liscissimi e molto scalati, nero corvino, un po’ più lunghi delle spalle. I suoi grandi occhi neri, con un taglio leggermente a mandorla, erano un misto tra dolcezza e sensualità, il naso all’insù e le labbra carnose, le adornavano un viso perfetto, dalla pelle bianca come la luna. Invece Nicole, la musica ce l’aveva nel sangue, però sapeva muoversi senza dubbio meglio su brani che evocavano atmosfere brasiliane e latine in genere. Di solito si vestiva di bianco, per creare un bel contrasto con la sua pelle scura. Anche quella sera, aveva un pantalone a pinocchietto bianco, dei decolletè dello stesso colore e una candida maglia con una sola manica che diventava iridescente sotto le luci dei faretti. I lunghissimi capelli ricci, bagnati di gelatina, le danzavano lungo la schiena, e il trucco brillantinato sugli occhi e le labbra, la facevano splendere come una stella.
Elisabeth si sentiva quasi a disagio accostata a tanta bellezza. Lei non aveva curato particolarmente il suo look, da quando era nato Nicholas non lo faceva più. Oramai si vestiva giusto per non andare in giro nuda, si truccava l’essenziale per nascondere il pallore e le occhiaie delle notti in bianco, o gli occhi rossi di lacrime. Però lei riusciva ad essere bellissima anche così, con un semplice Jeans e una camicia bianca, un tantino scollata. Gli stivali bianchi, con un misero tacco di solo quattro centimetri, per lei erano diventati davvero scomodissimi, preferiva quelli che toccavano terra e si arricciavano morbidi sui polpacci e si maledisse per non averli indossati. Senza neanche accorgersene, aveva cominciato a scatenarsi diventando una cosa sola con la musica che ormai si era completamente impossessata del suo cervello. Non vedeva altro che suo fratello, lì, che ballava di foronte a lei, bellissimo, con i suoi splendidi, grandi occhi verdi, i capelli castani tirati indietro con la gelatina, un fisico che avrebbe fatto morire qualsiasi donna, evidenziato da una maglietta verde militare, stretta, con delle scritte color oro e un paio di jeans scuri. A destra Nicole, a sinistra Anna, scandivano le note con i loro movimenti, ridevano, si divertivano. Edward si alternava a ballare a turno con le sue tre donne, senza fare alcuna preferenza per la sua promessa sposa. Alcune ragazze del locale non avevano staccato gli occhi da lui per tutta la serata, ma la cosa non lo scalfiva minimamente, né lui, né Anna, che era tranquillissima e sicurissima dei sentimenti del suo ragazzo.
Ogni tanto compariva anche Arthur, per poi risparire subito a far compagnia a Michael, che si divertiva di più a guardare gli altri divertirsi.
Arthur era vestito sempre in modo “comodo”, jeans larghi, camice lunghe rigorosamente indossate al di fuori dei pantaloni o maglioni con maniche lunghissime di almeno due taglie in più alla sua, o larghe felpe obbligatoriamente col cappuccio. Però lui aveva il suo fascino come dire, selvaggio, e un viso dai bei lineamenti marcati. I capelli, quasi del tutto biondi, mossi, li portava sempre abbastanza lunghi e pieni di gelatina, quando erano “troppo” lunghi, li legava con un codino, e in quel modo, lasciava protagonisti gli occhi, di un bel taglio, e di un bel colore castano chiarissimo, molto particolare, occhi che davano un senso di profondità, quasi a voler inghiottire chi li guardava.
Michael, invece, si vestiva un po’ a seconda dell’umore, di solito tute sportive per andare al lavoro, jeans e t-shirt per il resto, ma quando si sentiva “ispirato” era capace di indossare cose elegantissime anche solo per una semplice serata. Non era bravissimo ad abbinare i colori e non gliene fregava più di tanto, ma senza neanche rendersene conto finiva per crearsi un look giovane, colorato, forse un po’ assurdo, ma alla fine sembrava fatto apposta. Era un bel ragazzo, anche se gli anni trascorsi in tossicodipendenza gli avevano lasciato in ricordo un fisico non più perfetto. Era molto dimagrito, ma stava cominciando, pian piano a riprendere peso. Gli occhi castani e le labbra ben disegnate erano il punto di forza di un viso un po’ scolorito, ma comunque bellissimo.
Quello che proprio non gli si addiceva, era la sua espressione triste, quella sera. Non riusciva a capire come potesse Elisabeth divertirsi in quel modo, incurante dei problemi che affliggevano il loro matrimonio. E un pochino ce l’aveva anche con Edward, ma lo giustificava convincendosi che agiva in quel modo solo perché le voleva bene, e voleva vederla felice.
Attese con ansia il momento di andar via da quel posto squallido, che proprio non gli piaceva, ma adorava la compagnia dei suoi cugini, aveva accettato solo per questo.

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