martedì 22 luglio 2008

CAPITOLO 14

Arthur si svegliò di soprassalto. Si era addormentato tra le braccia di Nicole.
-Oh, cazzo!- escalmò sottovoce cercando la sveglia sul comodino.
Attentò a non svegliarla, si rivestì in fretta e scese di corsa le scale per andare da Gabriel, ma si scontrò davanti alla porta con la faccia minacciosa di Edward.
Qualcosa in lui era cambiato, glielo lesse negli occhi e capì subito quello che era accaduto.
-Edward…- sussurrò
-Stai zitto- lo interruppe con un odio che lo fulminò.
Gli passò oltre e andò in silenzio in camera sua a cercare le chiavi della macchina. Si vestì in fretta e riscese senza portare nient’altro con sé.
Arthur era rimasto lì, impalato, sulla porta a chiedersi cosa sarebbe successo ora e che intenzioni avesse. Sentì un nodo stringersi alla gola. Rimpianse l’assenza di suo padre e lo lasciò andare via senza neppure provare a fermarlo.
Si sentì incapace e privo di forze. L’odio che aveva visto nei suoi occhi lo aveva atterrito.
Lo seguì con lo sguardo chiedendosi se l’avrebbe mai rivisto e il pesante macigno dei suoi sensi di colpa lo costrinse a sedersi sugli scalini, mentre il buio inghiottiva l’auto che sfrecciò veloce fuori dal cancello.
Guardò il cielo e sentì un forte dolore al petto.
-Mamma…- sussurrò -…perdonami-
Si ricordò del giorno in cui aveva scoperto tutto.
Era nel pieno dei preparativi per il suo matrimonio, nel pieno della felicità nell’attesa del giorno in cui avrebbe sposato Nicole. Mancava poco più di un mese e Edward ed Elisabeth avrebbero dovuto far loro da testimoni.
-Mi occorre il certificato di battesimo di tuo fratello- gli aveva detto il sacerdote.
-Dovrebbe averlo no?- gli aveva risposto lui visto che quella era la chiesa dove erano stati battezzati tutti e tre.
-No, non ce l’ho-
-Come sarebbe a dire?-
-Mi occorre il certificato rilasciato dalla chiesa in cui è stato battezzato- insistette
-Si, lo so, ma è stato battezzato qui-
Il sacerdote scosse la testa quasi innervosito e cominciò a consultare gli archivi.
Poi dopo lunghi minuti di silenzio, esordì con -No, non è stato battezzato qui-
-Ma come…?- aveva chiesto lui senza capire
-Te lo assicuro, qui non c’è-
-Dev’esserci un errore, padre, la prego, controlli di nuovo- gli aveva chiesto lui seccato
Il parroco sospirò -Ho capito, ho capito. Aspetta, ora ricordo. Parlerò con tuo padre, me lo procurerà lui, tranquillo-
-Che c’entra mio padre?-
-Stai tranquillo. Ci penso io-
Quella questione lo aveva terribilmente incuriosito, tanto che la sera stessa era passato in camera di suo padre per domandarglielo.
Albert era rimasto spiazzato da quella domanda. Voleva ancora evitare e fingere ancora, ma sapeva bene che Arthur non era stupido e non si arrendeva davanti alla prima vaga spiegazione.
Così, per evitare che ne parlasse ancora, anche magari in presenza di Edward, decise di raccontargli tutto:
-Io e tua madre siamo stati fidanzati per molti anni…- gli disse -… In quegli anni ho avuto dei problemi di salute e delle cure pesanti per cui mi avevano diagnosticato una quasi certa sterilità.
Dopo due anni di matrimonio, abbiamo cominciato a sentire il desiderio di completare la famiglia, ma visto che quel figlio non arrivava, ormai rassegnati, abbiamo cominciato una pratica di adozione. Come sai occorrono a volte anni, prima che ti affidino un bambino, e così, nel frattempo, un anno dopo tua madre restò incinta. Mi chiedevo se ciò fosse possibile, ma i medici mi assicurarono che mi era comunque rimasta una minima percentuale di possibilità. Così nascesti tu.
Poco dopo, ci diedero la notizia che avremmo potuto adottare due bambini di sette mesi, gemelli, sopravvissuti ad un incidente stradale in cui i genitori erano rimasti uccisi.
Accettammo senza pensarci due volte, presi dalla compassione e dal desiderio di ridare loro una famiglia felice.
Poco dopo, però ci, informarono che uno dei due bambini aveva avuto una complicazione e gli restavano pochi giorni di vita, così io e tua madre andammo a Sidney a prendere Edward, e a dare l’ultimo saluto al suo fratellino in fin di vita. Fu una cosa straziante doverlo lasciare lì solo, così piccolo,sapendo che di lì a poco sarebbe morto, ma ci consolava la gioia di poter aiutare in qualche modo l’altro bambino.
Durante il viaggio in aereo io e tua madre ci giurammo che l’avremmo amato quanto amavamo te e che per niente al mondo avrebbe mai saputo di non appartenere alla nostra famiglia.
E abbiamo fatto di tutto perché ciò non accadesse. Abbiamo fatto fare dei falsi certificati di nascita, mentre quello originale ce l’ho io, nascosto, al sicuro…-
Il suo racconto continuava, ma ora Arthur non riusciva a ricordare nient’altro. Ricordava soltanto il dolore di quella notizia, di quanto aveva sofferto nel sapere che il suo inseparabile fratello in realtà non lo era, ma quella sera aveva giurato a se stesso che non sarebbe cambiato nulla, che quel lungo racconto di suo padre sarebbe stato solo una breve parentesi da cancellare e nient’altro.
Purtroppo, però nei piani perfetti di suo padre e sua madre, era sfuggito il piccolo particolare che l’altro bambino era sopravvissuto, ed era stato affidato ad un'altra famiglia.

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